PREMESSA

Ve la ricordate quella coraggiosa ragazzina partannese? Si proprio quella che con il suo coraggio ha saputo dire di no alla mafia. Rita si chiamava e “Villa Rita Atria” sono le uniche tre parole che si possono incontrare a Partanna in suo ricordo. Non troverete neanche al cimitero il suo nome poiché, da circa 17 anni, le viene negata una lapide commemorativa sulla tomba.

Vi è un associazione in suo nome, e scusate ma non è un piccolo dettaglio se essa è nata a Milazzo.

Da 17 anni a questa parte si è fatto ben poco qui a Partanna per ricordarla, ed è per questo che nasce questo blog.


domenica 27 settembre 2009

17 anni dalla morte di Rita.

Il 26 luglio 2009 a Roma si è tenuta la commemorazione per i 17 anni dalla morte di Rita. Quest’anno la commemorazione si è tenuta a Roma perché l’associazione “Rita Atria” ha voluto inaugurare una targa che ne ricordi la memoria di Rita. La targa si trova in un aiuola in viale Amelia proprio di fronte al palazzo dove Rita spicco il volo. La targa ha la forma di un leggio e su uno sfondo d’orato sono incise le parole scritte da Rita nel tema di maturità: “La verità vive. Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare? Forse se ognuno di noi ci prova, forse ce la faremo”.
Rita nel suo diario scriveva come voleva che fossero i suoi funerali. In modo particolare ci teneva che fosse suonata l’Ave Maria di Scoubert che fosse deposta solo una rosa sulla bara ed ecco quindi che la commemorazione inizia alle 18 con due violini che suonano l’Ave Maria di Schubert e successivamente arriva anche la rosa che viene posta in un apposito anello. A prendere la parola è Nadia Furnari, fondatrice dell’associazione, c’è anche Piera Aiello, presidentessa dell’associazione, testimone di giustizia nonchè cognata di Rita, ma per motivi di sicurezza è costretta a stare in disparte e ascoltare le parole da lontano. Sono presenti anche don Luigi Ciotti presidente dell’associazione “Libera” , Pino Maniaci giornalista che si sta contraddistinguendo per il suo coraggio nel denunciare le famiglie mafiose di Partinico e Graziella Proto giornalista che ha preso le redini del giornale “I Siciliani” dopo che venne ucciso Pippo Fava. In seguito l’attrice Daniela Morozzi e la regista Pietra Selva Nicolicchia prendono la parola e cominciamo a leggere parti del diario di Rita. La commemorazione finisce con la canzone “testimoni di giustizia” di Fabrizio Varchetta cantata Greta Fornasari.
Pochi giorni prima però abbiamo dato il nostro saluto a Rita al cimitero di Partanna e come d’usanza abbiamo lasciato una frase sulla tomba. Il messaggio che questa volta abbiamo lasciato a Rita è stato questo: Rita, fin quando almeno una persona porterà un fiore sulla tua tomba il tuo gesto non sarà stato vano.










Finalmente dopo 17 anni il diario di Rita torna a casa.



















Foto:
Associazione antimafie "Rita Atria" http://www.ritaatria.it/
Giovanni Troisi

sabato 26 settembre 2009

Il tema di maturità di Rita

TEMA:
La morte del giudice Falcone ripropone in termini drammatici il problema della mafia. Il candidato esprima le sue idee sul fenomeno e sui possibili rimedi per eliminare tale piaga.

SVOLGIMENTO:
La morte di una qualsiasi altra persona sarebbe apparsa scontata davanti ai nostri occhi, saremmo rimasti quasi impassibili davanti a quel fenomeno naturale che è la morte del giudice Falcone, per chi aveva riposto in lui fiducia, speranza, la speranza di un mondo nuovo, pulito, onesto, era un esempio di grandissimo coraggio, un esempio da seguire. Con lui è morta l'immagine dell'uomo che combatteva con armi lecite contro chi ti colpisce alle spalle, ti pugnala e ne è fiero. Mi chiedo per quanto tempo ancora si parlerà della sua morte, forse un mese, un anno, ma in tutto questo tempo solo pochi avranno la forza di continuare a lottare. Giudici, magistrati, collaboratori della giustizia, pentiti di mafia, oggi più che mai hanno paura, perché sentono dentro di essi che nessuno potrà proteggerli, nessuno se parlano troppo potrà salvarli da qualcosa che chiamano mafia.Ma in verità dovranno proteggersi unicamente dai loro amici: onorevoli, avvocati, magistrati, uomini e donne che agli occhi altrui hanno un'immagine di alto prestigio sociale e che mai nessuno riuscirà a smascherare. Ascoltiamo, vediamo, facciamo ciò che ci comandano, alcuni per soldi, altri per paura, magari perché tuo padre volgarmente parlando è un boss e tu come lui sarai il capo di una grande organizzazione, il capo di uomini che basterà che tu schiocchi un dito e faranno ciò che vorrai.Ti serviranno, ti aiuteranno a fare soldi senza tener conto di nulla e di niente, non esiste in loro cuore, e tanto meno anima. La loro vera madre è la mafia, un modo di essere comprensibile a pochi.Ecco, con la morte di Falcone quegli uomini ci hanno voluto dire che loro vinceranno sempre, che sono i più forti, che hanno il potere di uccidere chiunque. Un segnale che è arrivato frastornante e pauroso. I primi effetti si stanno facendo vedere immediatamente, i primi pentiti ritireranno le loro dichiarazioni, c'e chi ha paura come Contorno, che accusa la giustizia di dargli poca protezione. Ma cosa possono fare ministri, polizia, carabinieri? Se domandi protezione, te la danno, ma ti accorgi che non hanno mezzi per rassicurare la tua incolumità, manca personale, mancano macchine blindate, mancano le leggi che ti assicurino che nessuno scoprirà dove sei. Non possono darti un'altra identità, scappi dalla mafia che ha tutto ciò che vuole, per rifugiarti nella giustizia che non ha le armi per lottare.L'unica speranza è non arrendersi mai. Finché giudici come Falcone, Paolo Borsellino e tanti come loro vivranno, non bisogna arrendersi mai, e la giustizia e la verità vivrà contro tutto e tutti. L'unico sistema per eliminare tale piaga è rendere coscienti i ragazzi che vivono tra la mafia che al di fuori c'è un altro mondo fatto di cose semplici, ma belle, di purezza, un mondo dove sei trattato per ciò che sei, non perché sei figlio di questa o di quella persona, o perché hai pagato un pizzo per farti fare quel favore. Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare. Forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo.

Rita Atria
Erice, 5 giugno 1992

Fonti:
Associazione antimafie Rita Atria http://www.ritaatria.it/

mercoledì 16 settembre 2009

La storia di Rita

26 luglio 1992; sesto piano di una palazzina in viale Amelia a Roma. Rita spicca il volo. Ma perché?
Nell’ultimo anno ne erano successe di cose che potessero spiegare questo gesto, ma l’inizio di questa storia va ricercato nel ’85 quando il padre di Rita venne assassinato.
Siamo a Partanna, un paesotto di circa 10.000 abitanti che sorge su una collina. In questi anni la mafia si fa sentire in tutto il sud Italia e Partanna non fa eccezione. Don Vito, il padre di Rita, fa parte del giro mafioso che vi è a Partanna. E’ molto vicino alla famiglia degli Accardo una famiglia di spicco nel paese, ma quest’ultimi, a causa di dissidi sorti per questioni di droga non gli danno più protezione e il 18 settembre del 1985 Don Vito viene ucciso. È questo il fulcro della storia perché la rabbia di Nicola, il fratello di Rita, lo porta a giurare vendetta. In questi anni che vanno dall’85 al ’92 a Partanna scoppia una faida tra due famiglie mafiose, gli Accardo e gli Ingoglia, alla fine della quale le due famiglie risulteranno decimate e Partanna senza capi mafiosi. Alla morte del padre, Rita si lega ancora di più al fratello Nicola ed alla cognata Piera Aiello. Di Nicola, anch'egli mafioso, Rita raccoglie le più intime confidenze sugli affari e sulle dinamiche mafiose a Partanna. Nel giugno 1991 Nicola Atria, dopo aver tentato di vendicare il padre, viene ucciso dalla mafia, e sua moglie Piera Aiello decide di collaborare con la giustizia. Piera racconta tutto ciò che sa ai magistrati ed è costretta ad andarsene da Partanna portando con se sua figlia Vita Maria. Pochi mesi dopo anche Rita decide di seguire le orme della cognata, cercando, nella magistratura, giustizia per quegli omicidi. Il primo a raccogliere le loro rivelazioni fu Paolo Borsellino al quale si legarono come ad un padre. Le deposizioni di Rita e di Piera, unitamente ad altre deposizioni hanno permesso di arrestare diversi mafiosi e di avviare un'indagine sul politico Vincenzino Culicchia per trent'anni sindaco di Partanna.
Inizia una nuova vita per le due giovani donne ma non per questo più facile. Sono costrette a vivere sotto falso nome e lontano dal loro paese e dai loro affetti ma nonostante il loro passato cercano di vivere una vita il più normale possibile.
E’ il 19 luglio quando scoppia la bomba in via D’Amelio , dove rimangono uccisi Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta. Questo giorno porta una svolta, sicuramente negativa, nella vita delle due cognate già provate dalla morte di Falcone. A Rita e a Piera viene meno non solo una figura dello stato ma una figura paterna. Paolo Borsellino non era solo un magistrato, era la persona su cui avevano fatto affidamento, la persona su cui contare quando avevano un problema, la persona che teneramente chiamavano “zio Paolo”.
E rieccoci precisamente una settimana dopo a Roma, al sesto piano di quella palazzina in viale Amelia, in quella strada il cui nome assomiglia a quella dove Paolo Borsellino venne ucciso. Un semplice caso o un segno del destino? Rita sale sul davanzale del balcone, ma prima di farlo lascia scritto al muro una frase: "ti amo, non abbandonarmi il mio cuore senza di te non vive" . Sono più o meno le quattro quando Rita spicca il volo. Non morirà sul colpo ma circa due ore dopo, una settimana esatta dalla morte di “suo zio”, ed è una piccola consolazione sapere non morirà sola ma con delle signore che, vedendo l’accaduto sono accorse e le hanno tenuto la mano fino all’ultimo respiro
Oggi in quel viale alberato, in un’aiuola proprio di fronte al palazzo dove Rita si buttò si può leggere un messaggio di speranza scritto da lei nel tema di maturità: “ La Verità Vive. Forse un mondo onesto non esisterà mai ma chi ci impedisce di sognare. Forse se ognuno di noi ci prova forse c’è la faremo”.
Rita come molte ragazze della sua età scriveva un diario. Un diario dove si possono leggere bellissime parole, perché nonostante avesse 17 anni, Rita aveva una grande maturità che va oltre la giovane l’età. Questa maturità dovuta ha una vita difficile e alla quale ha contribuito il rapporto difficile con la madre, che l’ha ripudiata perché non comprendeva né condivideva la ribellione della figlia, dandone la colpa a Piera.
Rita Atria per molti rappresenta un'eroina, per la sua capacità di rinunciare a tutto, fino anche agli affetti della madre (che la ripudiò e che dopo la sua morte distrusse la lapide a martellate), per inseguire un ideale di giustizia attraverso un percorso di crescita interiore che la porterà dal desiderio di vendetta al desiderio di una vera giustizia. Rita (così come Piera Aiello) non era una pentita di mafia, non aveva infatti mai commesso alcun reato di cui pentirsi. Per questo la sua collaborazione assume un valore ancora più alto e correttamente ci si riferisce a lei come "testimone di giustizia", figura questa che è stata legislativamente riconosciuta.

Rita per ciò che ha fatto nella sua vita e con il suo gesto ci ha insegnato tanto. Questa ragazzina ribelle ci ha insegnato a lottare ad avere coraggio e soprattutto a non lasciare sole le persone che combattono.
È questa la cosa fondamentale non lasciare sole le persone che combattono. Non possiamo sconfiggere la mafia da soli dobbiamo rimanere uniti perché la l’unione fa la forza. Facciamo in modo che la morte di Rita, dei giudici Falcone e Borsellino e di tanti altri combattenti non siano inutili e nello stesso tempo non scordiamo le persone che sono vive che ogni giorno combattono per quello che Borsellino chiamava il fresco profumo di libertà.


Fonti:
Associazione antimafie Rita Atria http://www.ritaatria.it/
"Una ragazza contro la mafia" di Sandra Rizza

Video senza memoria